Oggi il quotidiano dei vescovi italiani pubblica la lettera di un cappellano della Polizia di Stato, tale don Luigi Trapelli. Ho dovuto leggerla più volte, perché non credevo ai miei occhi.
Caro Direttore, sono cappellano provinciale della Polizia di Stato di Verona. Ho partecipato ai recenti controlli notturni contro la guida in stato di ebbrezza che si sono verificati tra Peschiera del Garda e Verona. È la quinta volta che vivo tale esperienza.
Fino a prova contraria, il compito di un cappellano, stipendiato con i soldi di tutti i contribuenti italiani, in base all’intesa CEI-Ministero dell’Interno è quello di svolgere riti liturgici e fornire assistenza spirituale ai poliziotti timorati di Dio. Tra i compiti non rientra il pattugliamento delle strade.
Ho assistito a colloqui con i fermati o con gli altri conducenti del mezzo che puntavano a un vero rapporto interpersonale.
Il Garante della Privacy, casomai trovasse del tempo, potrebbe gentilmente spiegare al cappellano che non è il caso di intromettersi nei colloqui tra privati cittadini e forze dell’ordine.
Sul versante personale, ho vissuto parecchi incontri con questi giovani. Ho capito quanto cerchino figure di riferimento anche se, in alcuni casi, rimanevano stupiti della presenza del prete e non capivano da che parte mi collocassi.
Nonostante i fumi dell’alcol, alcuni giovinastri veronesi hanno mostrato di conservare un minimo di buon senso: si sono chiesti il motivo per cui il Ministero degli Interni finanzi una vera e propria opera di evangelizzazione di strada.
Cito l’intesa tra CEI e Ministero dell’Interno:
ART. 8
l. Fatte salve imprescindibili esigenze di servizio, il cappellano, per coloro che intendono fruire del suo ministero:
a) cura la celebrazione dei riti liturgici, la catechesi, specie in preparazione ai sacramenti, la formazione cristiana, nonché l’organizzazione di ogni opportuna attività pastorale e culturale;
b) offre il contributo del proprio ministero per il sostegno religioso del personale e dei familiari, soprattutto nelle situazioni di emergenza.
ART. 12
1. Il compenso da attribuire al cappellano è determinato nella media aritmetica, aumentata del sei per cento, tra la misura massima e quella minima del congruo e dignitoso sostentamento assicurato dalla Conferenza Episcopale Italiana, a termini dell’art. 24, comma primo, della legge 20 maggio 1985, n. 222, ai sacerdoti che svolgono la funzione di parroco.
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