Il quotidiano dei vescovi, finanziato da tutti i contribuenti, si occupa della vicenda dell’ateobus genovese, affidando un editoriale in prima pagina al poeta cattolico dallo sguardo truce, nonché frequente ospite del TG1, Davide Rondoni.
Si tratta dello stesso personaggio che in occasione del gay pride a Bologna, ha deciso di enunciare in piazza la Divina Commedia, per ricordare ai sodomiti quale sarà il loro doloroso destino.
Mi chiedo se magari prossimamente potrebbe leggere davanti a una moschea i versi che narrano della presenza di Maometto in un altro girone infernale… No, questa è un’argomentazione tipica dei cattolici, quindi me la rimangio immediatamente!
Nell’editoriale Rondoni elogia gli autisti genovesi che si sarebbero rifiutati di guidare gli ateobus (vorrei sapere in che percentuale…):
Perché pensare di liquidare in modo così banale il problema di Dio con una pubblicità è un’offesa alla intelligenza prima ancora che alla fede.
La sedicente unione di atei razionalisti è stata ridicolizzata nella sua saccenteria dal semplice buon senso di gente normale, che lavora tutti i giorni, che sa cosa è lavorare, amare, soffrire e magari farsi domande nel silenzio della coscienza o di fronte ai propri figli sul destino e sul senso delle cose.
Un gruppo di autisti, non una facoltà di dottori della Chiesa. Perché basta, per così dire, essere uomini per capire la violenza stupida di quel messaggio. Dove la violenza di offendere la serietà di una questione così importante per i singoli e per la storia dell’umanità è pari solo alla stupidità di chi pensa di offrire riposte banali riducibili a slogan.
Del resto la Bibbia insegna che non esistono gli atei: li chiama idolatri, perché al vero Dio sostituiscono un idolo, magari il più misero che è la propria presunzione.
Mi permetto di dissentire.
Sorvolo sulla violenza verbale di questo essere umano, mentre intendo concentrarmi sulla presunta banalità dello slogan dell’UAAR.
Lo slogan è composto da due frasi:
La cattiva notiza è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno.
A quanto mi è dato di conoscere, tutte le anime pie che hanno criticato lo slogan si sono concentrate sulla prima frase, indiscutibilmente atea.
Purtroppo (e con questo esprimo una velata critica a chi ha ideato lo slogan) la dichiarazione atea ha completamente oscurato la seconda frase, che è un fulgido esempio di ignosticismo (che i teologi cattolici definiscono grossolanamente ateismo pratico).
Non c’è nulla di banale in una dichiarazione ignostica, che non nega l’esistenza di qualche dio, ma piuttosto nega il suo bisogno. Infatti, se è impossibile (oltre che inutile) tentare di dimostrare l’inesistenza di qualcosa che non è nemmeno qualificabile, è invece possibile valutare l’esistenza di qualche dio come una variabile aleatoria semplicemente trascurabile.
La seconda frase dello slogan è una splendida dichiarazione: è il riconoscimento che la vita ha un senso, anche se finita. E’ l’affermazione che la vita non è una specie di raccolta punti per ottenere un premio nell’aldilà, è la constatazione dell’inutilità di una giustizia post-mortem che emetta sentenze quando oramai è troppo tardi.
Cercare di vivere una vita serena ed onesta, a prescindere da qualche entità superiore o da qualche forma di dittatura celeste (termine utilizzato dal geniale Christopher Hitchens), senza porsi il “problema di Dio”, non significa affatto banalizzare l’esistenza.
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